Racconti

Cari amici,
dopo un post sufficientemente serio, ecco un piccolo racconto per far sorridere.

In fondo...sono una farfalla

Quando le vide, quasi si mise a sorridere...dentro di sé, senza dare troppo nell'occhio. Di lato a lei una coppia stava guardando dalla stessa parte e questo la fece arrossire.
“ Ma dai!!! “ Non era neanche il caso di pensarci, e poi per che cosa? Non aveva certo grandi occasioni da sfruttare e poi era sempre stata timida.
Dopo una parentesi di amicizia, quasi convivenza, con l’eterno mai convinto, il tutto si era sciolto in una routine che non la faceva star bene. Si, la stabilità, la tranquillità ma a neanche trent'anni il tutto si rivelava decisamente insopportabile.
Del resto la cosa si era risolta senza drammi, uno sfilacciarsi continuo che era sfociato in un tornare ciascuno alle proprie abitudini e solitudini.
Solo che lei con il lavoro che faceva non poteva certo permettersi di continuare a vivere da sola e quindi era tornata a vivere con i genitori…...scelta sbagliata.
Lo avevano detto tutti, amici, colleghi, conoscenti, quasi un mantra: quando esci di casa e vai a vivere per conto tuo, non puoi più tornare indietro. Non ti sentirai mai veramente a casa tua come prima.
In effetti non stava poi così male, poteva andare e tornare senza subire troppe domande, aveva cioè una buona libertà, peccato che non ci fossero così tante occasioni per sfruttarla.
Si allontanò dalla vetrina e i pensieri sotto la sciarpa quasi si potevano intuire.

“ Certo che basta poco per immaginarsi diversa! “ Scoppiò quasi a ridere quando le venne in mente la scena del film Fantasia dove gli ippopotami improvvisano un balletto vestiti con un gonnellino rosa.
Non poteva onestamente paragonarsi ad un ippopotamo ma neppure poteva dirsi una silfide: l’idiosincrasia per lo sport e la consolazione serale della cioccolata non erano proprio la cura giusta per mantenersi in forma. E per indossare quella roba la forma ci voleva eccome.

Era arrivato l’autobus e trovò un posto a sedere, in quella serata di inverno appena iniziato quello che ci voleva era un posto caldo dove sentirsi raccolti e ricaricare le pile dopo una giornata pesante.
Erano ormai dieci anni che lavorava in quello studio, era quasi la più vecchia, ma non aveva ancora imparato la tecnica giusta per evitare di dover sobbarcarsi i lavori più noiosi che le altre,quelle più giovani, più in forma, erano abilissime a schivare.
L’ambiente era cambiato e di fronte a lei sfilavano queste ragazze sempre in tiro, sempre eleganti, querule che si conquistavano facilmente la simpatia dei capi e dei clienti.
Lei era riconosciuta sicuramente come capace ma di appeal ne aveva poco.

Arrivata a casa, dopo un rapido saluto ai suoi, si infilò in camera e mentre si preparava per la doccia si diede un occhiata con il pensiero alla vetrina che aveva visto.
Non era poi così male.
Dopo cena e le solite chiacchiere sul nulla, si ritrovò in camera a cercare su Amazon lo stesso capo che aveva visto: non riusciva a spiegarsi perché l’avesse così presa questa cosa. Non era la prima volta che vedeva in negozi del centro dei capi di abbigliamento che le piacevano, ma in questo caso c’era qualcos'altro. Forse il desiderio di osare qualcosa di più, anche solo per se stessa.

Certo l’idea di entrare in quel negozio così caro e così esposto per chiedere di provare proprio quel capo in vetrina non la sfiorava nemmeno: si sarebbe vergognata troppo. Mica era come entrare da Tezenis dove ti potevi confondere tra tanti e tali tipi di donne che nessuno avrebbe fatto caso a lei. Qui il caso era diverso.
E poi rimaneva sempre il problema più importante: a che scopo mettere qualcosa che nessuno avrebbe visto?

I giorni successivi passarono senza che l’episodio apparentemente lasciasse strascichi, qualche aperitivo, un cinema con i colleghi, una cena ogni tanto. Niente di che essere elettrizzati.
Erano ormai passate le feste e con loro quella falsa allegria che ti augureresti di prenderti una influenza così pesante da rimanere a letto da Natale a Capodanno, non era andata da nessuna parte, rimasta a casa a festeggiare con i pochi parenti e ad aiutare sua madre a cucinare.
Finalmente il ritorno alla normalità!

Ma qualcosa era cambiato in ufficio, un ragazzo che aveva iniziato da poco, a dicembre, con cui aveva avuto poche occasioni di chiacchierare nelle giornate terribili di fine dicembre, le era stato affiancato perché la aiutasse nel lavoro di archiviazione delle pratiche ormai chiuse.
Un ragazzo gentile, serio ma nel contempo con un lampo negli occhi di ironia verso il mondo che lo rendeva immediatamente simpatico. Si trovava bene a lavorare con lui, c’era sempre l’occasione di una battuta o di un sorriso. 
Si comportava così con tutti, in effetti, e lei non aveva pensato che potesse esserci un interesse diverso fino a quando quel lunedì mattina, durante una pausa per il caffè, le chiese a bruciapelo se le andava di passare un week end in montagna con lui ed alcuni amici. Avevano affittato un appartamento ad Arabba e aveva pensato a lei perché la trovava simpatica. Partenza il venerdì dopo il lavoro e ritorno la domenica sera. Un pò di sci, qualche passeggiata, le terme. Un pò di svago.
La proposta la trovò impreparata, prese tempo come nel suo stile ma il ragazzo non le lasciò molta scelta: doveva confermare entro la serata altrimenti il posto sarebbe stato occupato da altri. Questa volta si lasciò vincere dall'istinto e accettò.
Il sorriso del ragazzo lasciava trasparire qualcosa di più di un semplice invito di cortesia e qualche pensiero aveva iniziato a farlo anche lei.

Non si può sempre nascondersi nella vita, bisogna anche rischiare e il senso di ansia che la stava pervadendo era il segnale che si stava scatenando un bel dibattito tra il bruco e la farfalla che in lei da sempre coesistevano.
Era ripassata altre volte da quel negozio che quasi un mese fa l’aveva attirata con quel pizzo bianco e la seta…..ed era tempo di saldi.
Per la montagna era attrezzata ma per la sera un pò meno e poi chissà…..
Ci vollero ancora due giorni di dubbi, di passaggi davanti allo specchio, di silenzi imbarazzati davanti ai suoi quando il suo piatto rimaneva vuoto, poi alla fine entrò!

Il negozio La Perla di via Montenapoleone era quanto di più lussuoso si potesse immaginare, il colore della biancheria esposta aveva tutte le gradazioni di colore possibili, ma lei sapeva quello che voleva! Si diresse nel modo più deciso che l’imbarazzo le permetteva verso una commessa sorridente che le andava incontro ed esordì con un mezzo sorriso: “ Buongiorno, vorrei provare quelle mutande che avete esposto in vetrina. “
“ Intende lo slip di pizzo e seta bianco? Questo? “ disse la commessa gentilmente ma con uno sguardo già indirizzato a valutare la taglia da provare.
“ Si, grazie proprio quello”, rispose con un leggero rossore… non avrebbe dovuto dire “ mutande “, in quel negozio anche le cose di uso così comune diventavano preziose anche nel linguaggio.
“Che taglia porta di solito, signora?” “ Una quarta…….”
“ Vediamo se posso aiutarla, di questo modello credo sia rimasta solo una terza ma potrebbe andarle bene, mi sembra.”
Nel camerino l’imbarazzo fu ancora più grande: doversi provare quel triangolo così delicato sopra le “ mutande “, come altro chiamarle, che indossava la rese ancora più goffa e le prese il panico. Ma come cavolo si era messa in questa situazione! Solo perchè si era immaginata, ma che cosa poi! Ormai era tardi, era lì e doveva uscirne.
“ Come le sente signora? Le vanno bene? “ incalzava la commessa.
Doveva decidersi.
Non lo sapeva come si sentiva, erano un pò strette, aderenti, evidenti in ciò che mostravano rispetto a quello che coprivano, ma in fondo per una volta, per la seconda volta in pochi giorni, il bruco fece un passo indietro.
Era una farfalla e lo sarebbe stata fino alla fine.

“ Sono perfette!!”

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